QUESTO SI É IL MIO DIARIO


CAPITOLO I



Forse quel collegio era troppo rigido, forse io ero troppo esile; i pullman partivano alla solita ora, tra le sedici e le diciasette, radunando le bambine per età e orario di uscita. Guardavo dalla finestra della classe con una pungente malinconia, mi affacciavo nonostante la puzza di benzina che emanava dai mezzi di trasporto piú vecchi per sentire un po' d'aria, dentro le mura della classe ormai mancava l'ossigeno. Le ragazzine irriquiete per le ore trascorse dentro a quegli spazi e per la voglia di sentire la libertà sotto i piedi fermi in basso ai singoli banchi, scattavano da un angolo all'altro facendo in modo che il respiro si facesse piú difficile ancora là dentro, proprio nell'intervallo tra le ultime due lezioni. Non só perché, ma i giorni freddi in cui c'era il sole quella angoscia che iniziai a sentire sul petto era quasi piú insistente, piú presente, era come se vedere spostarsi i raggi di luce nel tardo pomeriggio aumentasse la sensazione incompresa, a partire da me stessa, anche perché non parlavo con nessuno delle mie emozioni. 
Non ebbi un'infanzia serena e l'attaccamento ai miei genitori fu disorganizzato, un papà molto presente fisicamente ma poco rassicurante, sia in campo affettivo che economico, sicuramente vittima anche lui di un passato poco stabile, ed una mamma che giorno dopo giorno si lasciava andare come se volesse cercare la fine di una vita dalla quale era delusa. Lei curava il suo aspetto esteriore, ci teneva all'apparenza fisica, le piaceva molto sentire la radio e se sono giornalista, é perché in quel collegio le maestre le dissero che io avevo una grande fantasia e capacità di inventare storie, e tra quello ed il suo piacere di sentire i vari programmi di radio furono la spinta perché lei mi incoraggiasse a cominciare gli studi di giornalismo che finii dopo la sua scomparsa. 

CONTINUERÀ...

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